Interviste letterarie: il noir di Lorena Lusetti di Fabrizio Carollo
“Ho sempre amato il triller, fin dalle prime letture, dai primi films”
di Fabrizio Carollo
Ormai è risaputo che, negli ultimi anni e non solamente a Bologna, il genere noir ha letteralmente invaso il mercato editoriale, forse portando anche ad una certa saturazione del genere, ma si sa che è sempre il lettore a decidere, prediligendo determinati tipi di vicende piuttosto che altri, per un tempo più o meno duraturo nel tempo.
Va da sé che il genere noir (o thriller, come si voglia chiamarlo), ha permesso a tantissimi autori emergenti di sperimentare un tipo di narrazione che sfocia dagli schemi abituali e che non ha vere e proprie regole alle quali lo scrittore debba necessariamente obbedire.
Il mondo del noir è quello del caos, per definizione.
Il noir è il nero; con tutte le sue sfumature, i dubbi ed i contrasti che rappresenta e mette in gioco.
È un mondo insidioso, eppure affascinante, nel quale è impossibile definire il profilo psicologico di un personaggio della storia, se non verso la fine del romanzo, lasciando la possibilità al lettore di fare congetture ed ipotesi, che possono rivelarsi fondate, oppure condurre all’inaspettata sorpresa che spiazza ed emoziona senza riserve.
Dal canto suo, Bologna si è sempre prestata alla creazione di storie di genere, intrisa com’è di aspetti misteriosi e stimolanti, perfetti per far correre la mente di chi vuole raccontare una vicenda dai toni cupi.
Lorena Lusetti, autrice già nota al pubblico emiliano romagnolo (ma non solo), ha dimostrato una piena padronanza di questo tipo di storie, creando addirittura un personaggio dalle molteplici sfaccettature e potendo così presentare ai lettori un mondo ricco di novità e colpi di scena, che si succedono nella sua già invidiabile e vasta produzione.
Quando hai capito che scrittura e thriller sarebbero il punto di forza della scrittura di Lorena Lusetti?
Difficile rispondere a questa domanda. In effetti, ancora non so se questo è il mio punto di forza. Di sicuro è il genere che mi attira e mi appassiona di più. Ho sempre amato il thriller, fin dalle prime letture dell’infanzia, i primi film.
Edgar Allan Poe e Agatha Christie, sono stati i primi che hanno attratto la mia fantasia nel periodo dell’adolescenza. Poi, la cinematografia di genere, le serie televisive: mi sono affezionata ai personaggi seriali, quelli che ritrovavo nelle avventure successive: Miss Marple, Monsieur Poirot, ma anche la Signora in Giallo, Montalbano e molti altri.
Con gli anni ho scoperto il noir, l’analisi psicologica dei personaggi, il sottile fascino della trasgressione non punita, del male seriale. Per me è stato abbastanza naturale, quando ho cominciato a scrivere storie, orientarmi su questo genere
In realtà scrivo le storie che vorrei leggere.
La prima o le prime sensazioni che hai provato una volta terminata la tua prima opera?
Per molti anni, terminavo le mie opere e le mettevo nel cassetto; erano soprattutto racconti, alcuni lunghi, altri solo poche righe. In quel caso, terminare un racconto non era un momento speciale, perché sapevo che avrei potuto toglierlo dal cassetto, manipolarlo, allungarlo e modificarlo, a piacimento.
Le cose sono cambiate quando ho scritto il primo romanzo e l’ho fatto leggere a mio marito ed alcune amiche. Mi hanno consigliato di provare a pubblicarlo ed a quel punto mi sono resa conto che la storia non era più mia, doveva avere una sua struttura compiuta e non più modificabile. E’ stato allora che, terminato di scrivere il libro, l’ho guardato con occhi diversi, come se leggessi qualcosa di un altro autore, con senso critico oggettivo, ed ho provato una grande emozione, perché quello che leggevo mi piaceva e mi emozionava, quasi non ne conoscessi il contenuto.
Il libro deve essere solamente cartaceo o hai anche un buon rapporto con l’e-book?
So bene che l’arrivo degli e-book ha suscitato grandi dissensi. Il libro che si può toccare, sfogliare, annusare, mettere sullo scaffale e riprendere in mano a piacimento ha una valenza impossibile da sostituire. Ma sarebbe ipocrita non riconoscere l’utilità degli e-book reader, nati per facilitarci la vita, così come del resto tutta la tecnologia.
Prima del loro avvento, quando partivo per le vacanze mi portavo dietro un borsone pieno di libri da leggere sotto l’ombrellone, una valigia ingombrante e pesante che occupava metà del bagagliaio dell’auto. Ora mi basta un piccolo lettore che infilo nella borsa sul quale posso caricare centinaia di libri per un peso complessivo di pochi grammi.
Quando sono in casa invece amo prendere in mano il libro vero, quello di carta, magari quello dove l’autore mi ha fatto dedica e firma, dove mi piace prendere appunti con la matita a piè di pagina: secondo me, entrambi i tipi di libri, hanno la loro valenza ed il loro momento per essere utilizzati e penso che qualunque mezzo possa incrementare la lettura sia il benvenuto.
Stella Spada: buona o cattiva? Che rapporto hai con il tuo personaggio più noto?
Stella Spada è la mia investigatrice seriale, le sue avventure sono racconti noir che mi sono divertita molto a scrivere, pubblicati con la casa editrice Damster.
Mi sono affezionata a questo personaggio, per il quale ho in mente molte altre avventure, sempre che l’editore abbia la bontà di volerle pubblicarle naturalmente. Buona o cattiva? Dipende dal punto di vista. Cattiva, naturalmente, secondo la legge e secondo i canoni morali convenzionali, ma se la si guarda dal suo punto di vista la si può considerare una specie di giustiziera che vuole ripristinare un ordine là dove è stato sconvolto. Solo che per ripristinarlo segue regole molto personali, che la portano ad essere a volte più temibile dei criminali che insegue.
Bologna quanto ha ispirato le tue storie?
In quasi tutti i miei romanzi Bologna è lo scenario della storia. Non sempre però, perché alcuni dei miei libri non hanno una collocazione geografica definita. I noir di Stella Spada invece sono tutti ambientati a Bologna, a partire dalla collocazione dello studio investigativo di Stella, situato in Via dell’Inferno, un vicolo del ghetto ebraico nel cuore medievale del centro storico. Anche l’ultimo romanzo che ho pubblicato, “Ricomincio dall’inferno”, un giallo che non ha la mia investigatrice come protagonista, si svolge a Bologna, all’interno delle mura, sia sopra che sotto la città, nell’intreccio di canali e torrenti che scorrono come vasi sanguigni nel suo sottosuolo.
Se non fossi stata scrittrice, a quale arte pensi ti saresti avvicinata di più?
Faccio sempre fatica a definirmi scrittrice, di certo sono una persona che scrive molto, da quando ho smesso il mio lavoro di segretaria gran parte del mio tempo lo passo leggendo e scrivendo. Faccio fatica ad immaginare il mio tempo senza la scrittura, però ci sono altre attività che mi piace fare, alle quali mi dedico saltuariamente. Ho avuto il mio periodo pittorico, nel quale mi sono cimentata in tempere ed acquarelli di dubbio gusto, e devo dire che anche dipingere mi dà molta soddisfazione, soprattutto mi rilassa. Non mi sono mai cimentata nella poesia e nella musica, per quanto mi piaccia molto ascoltare chi invece di queste ha fatto una vera arte.
Un libro famoso che hai letto e che avresti voluto scrivere tu?
Di tanti libri che ho letto devo dire che sono pochi quelli che si sono fissati nella mia memoria come libri speciali. Ce ne sono alcuni però che mi hanno colpito in maniera particolare e che trovano un posto indelebile nella mia mente e nel mio cuore.
Stephen King è uno di questi, molti sono i suoi libri che mi hanno ispirata, e che non posso togliermi dalla mente, uno su tutti è Dolores Claiborne. È forse uno dei libri minori dell’autore, meno conosciuto, ma di certo quello che preferisco.