I vasi di Ariosto, di Lorena Lusetti (Damster)
Recensione di Raffaella Tamba
Un’investigatrice privata la cui vita è essa stessa oggetto di indagine da parte della polizia? Che vive al confine tra colpa ed espiazione, sospesa fra la tentazione continua di farsi giustizia da sola e la forzata auto-imposizione a rispettare la legge?
Lorena Lusetti, scrittrice bolognese che ama ispirarsi a fatti di cronaca per dare voce alla realtà del nostro tempo anche nei suoi aspetti più bui, ha creato una protagonista (di cui questo libro è la sesta avventura) assolutamente nuova e sconvolgente: Stella Spada è una donna che ha attraversato le sabbie mobili del delitto impunito, portandosi di conseguenza dentro giorno dopo giorno rimorso, vergogna, terrore di essere scoperta. La sua fragilità diventa però la sua immensa forza: non solo perché la mancanza di scrupoli e la familiarità con la parte più compromessa della società in cui vive le offrono contatti e conoscenze che l’aiutano a risolvere i casi, ma anche perché sa fin dove si può arrivare nella perdita del controllo, nel capovolgimento dei valori, nell’odio, nella disperazione. Proprio per questo, quando si trova davanti un delitto compiuto con assoluta freddezza e brutalità, è sopraffatta dal disgusto e non esita a consegnare i colpevoli ad una punizione peggiore di quella che la giustizia prevede secondo le vie legali.
Stella Spada è in questo romanzo ad un punto di svolta della sua vita. Per chi non ha letto i precedenti, la conoscenza con questa figura è comunque affascinante: dopo aver trascorso mesi a letto per un’interminabile influenza psicosomatica, dopo aver vissuto nella penombra protettiva, nel calore delle coperte che, strati su strati, la facevano sentire contenuta e calma, a poco a poco ritorna alla vita grazie allo stimolo e all’incoraggiamento di Alda vicina di casa, aiuto domestico, e soprattutto grande amica, esuberante, schietta, disinvolta con se stessa e con gli altri, simbolo di un pensiero libero da qualsiasi vincolo mentale di cinico perbenismo. È la figura umana più adatta ad affiancare Stella nel suo percorso di riabilitazione psicologica dopo il profondo e intimo dramma della colpa che l’ha annientata. Il lettore può ricostruire a poco a poco frammenti del suo passato accettando, come una forma di rispetto per lei, quella parte di mistero che resta impenetrabile.
Il caso al quale Stella è chiamata ad indagare è una cosa talmente stramba da essere sconfortante se non umiliante per un’investigatrice; ma lei si vede costretta ad accettare un po’ per avere il pretesto di uscire e un po’ perché ha bisogno dell’anticipo che le è stato promesso. Il giovane Andrea Ariosto, ossessionato dall’ordine e dalla pulizia, vuole sapere chi sposta durante la notte i suoi vasi di fiori della terrazza. Tutto lì: nessun furto, nessun danno, nessun atto simile su altri terrazzi. Solo…una mania persecutoria? Di certo un espediente umoristico irresistibile!
Tuttavia, casualmente (oppure no?), nello stesso condominio di Ariosto è stato compiuto un delitto esecrabile, la strage efferata di un’intera famiglia, madre, figlio di 4 anni e nonni accoltellati senza pietà e incomprensibilmente. È questo il caso nel quale Stella si trova davvero coinvolta, perché il nuovo commissario che l’ha preso in carico, Delia Daviddi, sembra intuire che della improvvisa e misteriosa scomparsa del suo precdecessore Marconi, quella atipica investigatrice sappia qualcosa di molto vicino alla verità. Quello sguardo sottilmente complice che le rivolge sembra scavarle dentro per toglierle la copertura di persona pulita ed affidabile che Stella sta cercando di farsi aderire sempre di più.
Sconvolta dalla crudeltà di quella violenza che, come in tanti altri casi ha colpito “i fantasmi della società, gli emarginati, gli invisibili, quelli che fanno la fortuna di chi assieme alla vita ruba loro anche l’anima”, Stella accetta di collaborare ma, ancora una volta non si preoccupa di seguire il percorso normale delle indagini: segue il proprio istinto, il sentimento travolgente che la caratterizza e che forse già in passato le ha fatto compiere atti di cui poi, a mente fredda, si è pentita. Ma è proprio quello che la rende così speciale: la sua spontaneità, il suo carattere quasi infantile nella libera manifestazione delle emozioni più umane, la sua trasparenza e incontenibilità che la fa sentire così inadeguata in qualsiasi ambiente che sia rigidamente regolato.
Quella pulsione di giustizia essenziale che porta Stella a scontrarsi così spesso con la giustizia formale e che lei cerca di far tacere dentro di sé, per timore che la conduca ancora una volta ad errori tragici, si fa largo dalla sua coscienza attraverso manifestazioni psicosomatiche: la tosse, gli starnuti, il senso di soffocamento, di brividi e febbre continua sono le ribellioni emotive e corporee di chi stenta a mantenersi nel ristretto ruolo che la società civile richiede, sono gli sfoghi di un’anima travolta da affetti smisurati che traboccano continuamente riversandosi sulle persone che le sono accanto.