- Copertina flessibile: 230 pagine
- Prezzo copertina: 16,00
- Editore: Damster
- ISBN-13: 978-88-6810-580-8
LA DECIMA INDAGINE DELL'INVESTIGATRICE STELLA SPADA!
Decima indagine per l’investigatrice privata bolognese Stella Spada. Due casi da seguire, uno nel presente e uno nel passato. Un ragazzo è accusato di avere avvelenato i suoi genitori con un piatto di pasta, ed è proprio la madre, sopravvissuta per miracolo al veleno, che chiama Stella per tentare di scagionare il figlio dall’accusa di omicidio. Il discendente di un’antica famiglia bolognese vuole ribaltare la storia ufficiale che mostra i suoi antenati come spietati assassini. Quest’ultima indagine porta Stella nella Bologna del passato, alle prese con una storia d’amore contrastata finita in maniera tragica. Analogie tra presente e passato in puro stile Stella Spada.
La casa è fredda, c’è un camino nella camera da letto ma ha consumato il legno da tempo. Le pareti di mattone sono gelide, emanano il freddo verso l’interno senza nessuna pietà. Il catino con l’acqua ha un sottile strato di ghiaccio in superficie. Virginia Lelia Galluzzi indossa solo la camicia da notte, si avvolge le spalle in uno scialle di lana ma il freddo che sente non viene solo dall’esterno, è dentro di lei. Tremerebbe pure se fosse all’interno di un forno. Le vicende di quella terribile giornata le continuano a passare davanti agli occhi come un infinito carosello.
Avrebbe potuto andare diversamente? Lei voleva partire subito da Bologna, l’aveva detto con Alberto che sarebbe stato meglio trasferirsi nei suoi possedimenti a Imola, ma lui aveva ribattuto che a Bologna sarebbero stati più sicuri avendo attorno a loro i fratelli e tutta la famiglia Carbonesi a proteggerli.
Virginia sospettava che rimanere a Bologna avesse anche un altro significato per Alberto e la sua famiglia, più dimostrativo nei confronti dei rivali Galluzzi. “In questo palazzo siamo al sicuro come in una fortezza” le disse. Lei aveva sempre ritenuto che invece fosse più rischioso rimanere lì, ma non aveva osato insistere. Una donna non può capire a fondo le strategie, e soprattutto non può imporsi contro il volere del proprio marito.
Alberto l’amava, di questo ne era certa, a volte però il sospetto le era passato per la mente. Quanto contava per lui la soddisfazione di avere sposato e portato a casa sua una figlia dell’odiata famiglia rivale? Fino a ieri aveva scacciato questo pensiero come frutto di una mente sciocca, ora i suoi ragionamenti tornano sempre su questo. Doveva essere più decisa, doveva imporsi, ma come poteva lei che era solo una donna. Gli uomini sanno sempre come affrontare al meglio le situazioni. Sono anni che le due famiglie dei Galluzzi e dei Carbonesi si affrontano, anche in strada, in mezzo alla gente. Non passa giorno che non si versi il sangue nei vicoli di Bologna. Agli assassini vengono date multe, anche ingenti, ma le famiglie sono ricche, non se ne curano. Sono potenti, intoccabili, così la faida si trascina all’infinito.
Gli uomini sanno sempre cosa fare, le loro scelte, le loro decisioni sono di certo la cosa migliore: uccidere, sterminare, duellare con la spada, il pugnale, aprire lo stomaco, tagliare la gola, versare il sangue. Ma non si potrebbe vivere in un altro modo?
Forse non avrebbe mai dovuto farsi travolgere da un amore così contrastato.
Non è il freddo che la tiene sveglia, a quello si è abituata nelle lunghe notti ghiacciate e umide della Bologna invernale. È il pensiero che la sua vita sia già finita. È cominciata appena ieri con il matrimonio con il suo grande amore ed è finita stamattina in un bagno di sangue.
E la paura l’attanaglia. Lei è rimasta viva, ma fino a quando? Nessuno ha interesse a che Virginia giri per strada testimoniando l’affronto subito dai Galluzzi. La sua è una famiglia di uomini violenti, vendicativi, assassini.
Le manca l’aria, si sente un peso sul cuore così grande che le sembra di soffocare. Vorrebbe uscire, scappare, ma non può, l’hanno chiusa nella torre.
Ha bisogno di aria, sente mancare il respiro, le gira la testa. E poi, ormai dove potrebbe andare? È stata segregata in casa, strappata con violenza dal letto coniugale e riportata a forza tra le mura della casa dei Galluzzi, la porta sprangata e controllata da guardie all’interno e all’esterno.
Non c’è aria, non si respira. Nella sua stanza c’è una stretta porta che dà su un piccolissimo terrazzo, Virginia la spalanca e si affaccia, respirando la nebbia e il gelo a pieni polmoni.
L’aria le dà un po’ di sollievo, le schiarisce la mente. Per un attimo si sente meglio, solo per un attimo però. Il suo sguardo spazia fra i tetti e le molte torri delle famiglie nobiliari di Bologna che sono cresciute come i funghi, sempre più alte. Simboli fallici costruiti dagli uomini più abbienti per sovrastare in altezza le altre, per mostrare quanto sono ricchi, potenti, quanto sono virili e violenti.
La sua vita finisce qui, sente l’odore della morte che si avvicina, non può più fare nulla.
Due mani decise l’afferrano da dietro, immobilizzandole le braccia. Non riesce a voltarsi, prova debolmente a divincolarsi ma la stretta si fa più forte. Apre la bocca per urlare nel momento stesso in cui la voce le si strozza in un rantolo: un cappio le viene passato attorno alla testa e inizia a stringere la gola inesorabilmente. Mani forti la sollevano e la buttano oltre la bassa ringhiera del terrazzino.
Nei pochi istanti prima che il peso del suo corpo le spezzi il collo Virginia capisce chi le sta facendo questo, anche se non ha potuto voltarsi.
Da vigliacco non ha avuto il coraggio di guardarla negli occhi mentre l’ammazzava.
Sa bene chi è, non può sbagliarsi, riconoscerebbe il suo odore tra mille.